Ghetto ebraico
Una della zona meno conosciute ma più interessanti della splendida capitale italiana è il ghetto di Roma: un quartiere dalla storia lunghissima e dalle mille sfaccettature che non bisogna assolutamente lasciarsi scappare durante una visita in quella che viene chiamata la città più bella del mondo.
Il ghetto di Roma è il secondo ghetto più antico esistente dopo quello di Venezia, ed è sorto nel 1555 quando Papa Paolo IV con l'emanazione di una bolla papale limitò i diritti degli ebrei romani costringendoli a essere rinchiusi durante la notte nella zona del rione Sant'Angelo, dove da tempo la maggior parte della comunità ebraica romana si era raccolta. Da allora il ghetto ebraico ha subito poche trasformazioni architettoniche e ha conservato tra le sue intricate stradine e piazzette numerosi palazzi di interesse storico e interessantissimi reperti archeologici di epoca romana come il teatro di Marcello e il mercato del pesce di via del Portico di Ottavia.
Una visita nel ghetto di Roma proietta il turista in una dimensione sospesa nel tempo, tra resti romani e ristorantini tipici dove assaggiare le prelibatezze della cucina Kosher, (consigliamo il ristorante Nonna Betta) tra piatti della tradizione romana e influenze culinarie mediorientali come i celeberrimi carciofi alla giudia e i pasticcini con pasta di mandorle e miele. A pochi passi dalle placide acque del Tevere e dalla splendida isola Tiberina il ghetto di Roma offre ai suoi visitatori la possibilità di toccare con mano una storia lunga secoli e che ha avuto il suo triste apice nei nefasti avvenimenti del 16 ottobre del 1943 quando avvenne il rastrellamento degli ebrei del ghetto di Roma: 1022 persone vennero catturate e deportate nei campi di concentramento tedeschi.
Tra i monumenti più interessanti da visitare ci sono sicuramente la Grande Sinagoga, il Portico di Ottavia, la chiesa di Sant'Angelo in Pescheria e il tempietto di Carmelo, ma un suggerimento è quello di perdersi tra gli intricati vicoli e di sbirciare ogni angolo del ghetto di Roma fermandosi poi a gustare in una trattoria tipica la gustosa cucina locale osservando da un tavolino il lento fluire della vita di quartiere.